Artisti in-cartati. L’uso della carta nelle creazioni artistiche

Articolo a cura di Andrea Treccani e Sara Rubagotti, classe 3A Liceo Artistico Olivieri

La storia della carta è legata profondamente a quella della cultura e della scienza. La carta ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo nel corso dei secoli, dalla trasmissione di nuove conoscenze scientifiche alla diffusione dell’istruzione, fino alla conquista di una coscienza politica.

L’avvento dei media digitali ha forse oscurato il ruolo fondamentale della carta nella divulgazione del sapere, tuttavia non dobbiamo dimenticare che fino a qualche decennio fa la trasmissione di qualsiasi nozione passava attraverso un foglio di carta.

Al giorno d’oggi la lavorazione della carta si è tramutata in una vera e propria professione e ha trovato molti sviluppi fantasiosi all’interno del design contemporaneo. L’arte è ovunque ed è possibile essere creativi con qualsiasi materiale e addirittura creare opere d’arte in carta. Numerosi artisti hanno iniziato ad usare la carta come materiale per realizzare le loro opere. Tra questi Rogan Brown, un giovane artista londinese che è riuscito a fondere la scoperta di una personale e difficilissima tecnica con un’altrettanta originale capacità di individuare i soggetti rappresentabili. Le sue opere si possono definire sia quadri che sculture.

Usa la carta, semplici, sottili fogli che sovrappone fino a raggiungere una consistenza apprezzabile di matericità e spessore.

Ritaglia foglio dopo foglio, servendosi spesso di macchinari al laser che possono essere precisi nell’infinitesimo dettaglio, poi, attraverso la sovrapposizione, riesce ad ottenere strutture in alto rilievo molto particolari.    

Per realizzare ogni sua opera impiega diversi mesi. Nelle sue opere troviamo cellule, batteri, conchiglie, agenti patogeni e mappe, ma non soltanto. Forme ispirate alla natura, minuscole, che si ritrovano fuse insieme. La fascinazione di questo artista per la scienza è evidente in ognuna delle sue opere.

“Il mio lavoro gioca con l’architettura della natura e della crescita organica. Identificando modelli e motivi che si verificano nel mondo naturale in diversi contesti e diverse scale, sia macroscopiche che microscopiche. Ho sviluppato un vocabolario formale ed estetico che uso per costruire forme scultoree ibride, metà reali, metà surreali.” - dice Rogan Brown.

 Tra tutti gli artisti che fanno dell’uso della carta la loro cifra stilistica possiamo trovare anche un nostro connazionale, Daniele Papuli.

Papuli nasce in Puglia e dopo aver conseguito il diploma in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, si stabilisce e lavora a Milano. Il suo incontro con la carta risale al 1995 dopo aver lavorato con diversi materiali, quali pietra, legno, gesso. Fa della carta il fulcro ed il mezzo del suo linguaggio espressivo. Sperimenta la produzione di carta sminuzzando carte di vari tipi, miscelate e ricomposte sul retino con terre, erbe e colori. In questo processo di trasformazione, da cellulosa quasi impalpabile a materia stratificata, viene stimolato dall’accumulo e accostamento delle risme originarie, per lo più in strisce e ritagli, utili come materia prima da cui partire.

L’artista decide di costruire la forma scegliendo proprio il foglio di carta come unità di misura.

Con una serie di azioni come il taglio, la scomposizione e l’estrapolazione dei volumi cercati, il foglio diventa per l’artista la superficie sulla quale agire.

Le sue installazioni si sviluppano attraverso la costruzione di strutture in carta basate sulla ripetitività dei singoli moduli cartacei. I volumi sono composti da numerose sagome ottenute con infiniti tagli manuali. Le sue opere sono dinamiche, prendono vita in base alla luce che le illumina, creano giochi di ombre, e ingialliscono con il tempo.

“Quando qualcuno mi chiede perché la carta - spiega Papuli a proposito della sua scelta -  di colpo mi sento fragile come la pagina leggera di un libro e nello stesso momento forte come un libro di mille pagine sfogliato nei secoli da centinaia di mani. Tralasciando la forza della parola impressa sulla pagina, per me la carta è materia viva vibrante e mutevole”. 

Altro artista italiano è Stefano Arienti, che che sin dagli esordi ha fatto della carta uno dei materiali privilegiati della propria ricerca creativa. Arienti appartiene a quella generazione di artisti italiani che, affermatasi nella seconda metà degli anni Ottanta, ha tentato di reagire al “riflusso pittorico” della transavanguardia, allora imperante, recuperando gesti tanto semplici quanto significativi. Ad accomunare tutte le sue opere di carta, realizzate tra il 1986 e il 1989, ritroviamo il procedimento del piegare, a differenziarle, invece, oltre alla forma, contribuisce significativamente lo statuto del materiale impiegato: alla carta bianca da pacchi, poi colorata e stropicciata da parte dell’artista, dei primi esperimenti, subentra quella stampata, di riuso, che accompagna quasi integralmente il suo intero percorso creativo sino alla fine degli anni Ottanta. Sviluppando la propria ricerca, Arienti incentra la sua opera sull’utilizzo reiterato di materiali cartacei di diffusione popolare, quali orari ferroviari, fumetti, calendari, riviste di moda, Pagine Gialle, sottoponendoli ogni volta, con decisione e sistematicità, a differenti procedimenti di trasformazione che ne modificano i caratteri e l’uso originario.

Nell’opera degli esordi, “Barchette” del 1986, Arienti mima la tecnica manuale insegnata ai bambini per realizzare piccole barche di carta, infondendo tridimensionalità a disegni astratti, ma non solo, con cui si era avvicinato alla pratica artistica; l’allestimento di queste sculture in serie, poste l’una a fianco dell’altra, sembra suggerire a livello visivo un procedimento esecutivo semplice, immediato e quindi facilmente reiterabile.

Nella serie delle Turbine, del 1986-1989, la particolare modellazione della carta, ottenuta ripiegando all’interno, verso la costola, le pagine di fumetti o simili, è indirizzata essenzialmente a trasfigurare l’oggetto a stampa di partenza in una forma solida, astratta e autonoma nello spazio. “La piegatura serve a trasformare un volume compresso in un volume espanso; quando l’opera è appena eseguita si ha un’espansione massima: si passa dal parallelepipedo del libro originale ad un cilindro. Questa espansione è dovuta semplicemente all’azione delle pieghe che creano un volume continuo, pieno”.

La galleria degli artisti che hanno scelto di esplorare le possibilità espressive offerte dalla carta è molto ampia, abbraccia l’intero panorama contemporaneo internazionale, ma è frutto di una tradizione antichissima.